Breve storia della teologia pastorale (CTP 3)
3. Breve storia della teologia pastorale
A) Anticamente come disciplina teologica non era distinta dalle altre parti della scienza sacra (specie morale, spirituale e sacramentaria) ma non mancarono importanti trattati come la “Regola pastorale” di San Gregorio Magno e nel periodo post-tridentino l’ “Enchiridion theologiae pastorali set doctrine necessarie sacerdoti bus curam animarum administrantibus” del Vescovo Pietro Binsfeld (1591), il “Manuale parochorum” di Ludwing Engel (1661) e il manuale “Pastor bonus” di Johannes Opsraet (1698).
B) La nascita della T.P. come disciplina distinta risale al 1774-77, quando fu inserita nell’elenco delle discipline teologiche nell’ambito della riforma degli studi teologici voluta dall’Imperatrice Maria Teresa d’Austria.
Si avvicendano poi diverse impostazioni e sviluppi della teologia pastorale:
- IMPOSTAZIONE CLERICALE: L’abate benedettino Stefano Rauteurstrauct, autore del primo piano di studi, intese la t.p. come “insegnamento organico dei doveri del ministero pastorale e della loro attuazione”, e divise tale disciplina in tre sezioni: insegnamento, sacramenti, governo. Su questa linea furono pubblicati ben undici manuali. J. M. Salier (+1832) approfondì i fondamenti biblico teologici con una impostazione meno pragmatica e intesa a formare lo spirito del sacerdote secondo lo spirito di Cristo buon Pastore. J. Amberger (+1889) e M. Berger (+1870) intendono la t.p. come “ufficio del pastore d’anime per la cura e salvezza delle anime”. R. Spiazzi O.P. (autore oltre al manuale che qui seguiamo anche di nove volumi di t.p. speciale) si rivolge prevalentemente alla formazione dei sacerdoti. Ricordiamo poi le opere a carattere ascetico spirituale circa la spiritualità che deve sostenere il pastore d’anime (es. Frassinetti “Gesù Cristo regola del sacerdote”) e le opere di carattere pratico circa le norme che regolano l’agire del pastore (es: Alberione “Consigli pastorali”; Stocchiero “Pratica pastorale”, testo che ha formato generazioni di sacerdoti; “Il manuale del parroco” di Luigi Chiappetta nel quale si esaminano in chiave pastorale i canoni del diritto canonico che riguardano l’ufficio del parroco).
- IMPOSTAZIONE ECCLESIOLOGICA: tale orientamento fu inaugurato a metà ottocento da A. Graft, sottolinea che tutti i battezzati sono chiamati ad essere fattori determinanti della azione pastorale. Sulla stessa linea si muoveranno il gesuita C. Noppel che pubblicò nel 1937 un manuale di t.p. sottolineando il ruolo attivo del laicato e il dovere di tutta la comunità nella “Aedificatio Corporis Christi”; e il padre Liegé che intende la t.p. come “scienza dell’azione ecclesiale della Chiesa nella sua totalità organica di pastori e fedeli”. Su questa linea si pone anche il gesuita tedesco Karl Rahner (+1984), con la sua dottrina alquanto eterodossa, autore di un proprio “Manuale di teologia pastorale”, il quale purtroppo ha molto influito nella de-formazione dei sacerdoti, e che definisce la t.p. “scienza della Chiesa che attua sé stessa”.
- ALTRI SVILUPPI NEL XX° sec.: F.X. Arnold ha formulato il principio divino-umano, evidenziando la distinzione nell’opera della salvezza tra la parte di Dio e ciò che spetta all’uomo. A G. Ceriani si deve in particolare la riflessione sul metodo della t.p.; il De Connick ha collegato la t.p. all’apostolato. Dopo il Vaticano II° si segnalano alcuni pastoralisti italiani: G. Cardaropoli che ha inquadrato la t.p. nella categoria della mediazione salvifica; M. Midali che ha approfondito il rapporto della t.p. con le scienze umane; S. Lanza che ha costruito una teologia dell’azione ecclesiale; B. Seveso ha considerato oggetto della t.p. la Chiesa in quanto si dà in forme storiche.
- Nel 1958 Pio XII° istituì il Pontificio Istituto Pastorale, presso la Pontificia Università Lateranense, per i sacerdoti e i docenti che dovevano formare i sacerdoti.
- Infine non si può non rilevare che il Vaticano II° si propose come “Concilio pastorale” per cui a differenza di tutti gli altri Concili, che furono prevalentemente di natura dogmatica, non ha voluto definire nuovi dogmi né condannare gli errori che insidiavano la fede e la Chiesa (come il modernismo e il comunismo) ma solamente ha inteso presentare il “depositum fidei” con un nuovo linguaggio di tipo dialogico ritenuto adatto alle mutate condizioni di oggi, con l’intento ottimistico di portare una “nuova primavera nella Chiesa”. Bisogna però rilevare che i frutti sperati non ci sono stati ed anzi la Chiesa è entrata in una crisi epocale della fede e della pratica religiosa.
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