Vanità delle cose mondane e dello studio terreno. Importanza della conoscenza di Dio e delle cose di Dio.


Vanità delle vanità, tutto è vanità. (Qoe 1,1)
 [...]   
 Ci si potrebbe domandare: ma l'anima umana può trovare l'appagamento almeno nella scienza o nello studio, cioè in quelle attività che riguardano naturalmente lo spirito ? Ecco, parla un Re sapientissimo (Salomone), che si dette ad ogni sorta di ricerche, e che trovò grandemente penosa quest'occupazione e questa potenza data da Dio ai figli degli uomini, perché la conoscenza delle cose terrene e degli uomini lo disingannò maggiormente della vita. 
Dio ha dato all'uomo l’intelletto per ricercare la verità, e la libertà per investigarla come gli piace; non lo ha sottoposto ad una penosissima occupazione, ma gli ha dato una facoltà nobilissima; è l'uomo che rende penosa questa potenza perdendo il tempo nello studiare cose vane, che non gli saziano l'anima. 
    Se l'uomo impiegasse il suo tempo a conoscere Dio e ciò che a Dio lo conduce, avrebbe mille sorprese d'ineffabile gaudio, ma egli si ferma a ciò che passa, e non vede che vanità ed afflizione di spirito. Anzi più conosce il mondo e più si accorge che gli uomini sono perversi e difficilmente si emendano, più constata le malignità umane e più vede che Il numero degli stolti è sterminato. È meglio dunque rimanere nella propria semplicità, e non perdersi in vane investigazioni che non danno vita all'anima. Salomone lo attesta con la propria esperienza, poichè egli fu grande, sorpassò tutti in sapienza, approfondì molte cose con sapienza, imparò molte cose, applicò il suo cuore, cioè la sua mente, ad apprendere la prudenza e la dottrina, a vagliare l'errore e la stoltezza, e riconobbe che anche in questo c'era affanno ed afflizione di spirito, perché la sapienza umana dà tante molestie, e facendo conoscere di più la vita nelle sue angustie, ne aumenta il dolore.
Salomone, parlando qui di scienza, parla principalmente di quella sapienza pratica che fa conoscere gli uomini e la vita umana; ma le sue parole possono applicarsi a qualunque conoscenza che prescindendo dal fine supremo dell'uomo, si riduce ad una sterile e vana speculazione. 
    All'uomo orgoglioso e gonfio di vanità potrà sembrare oscurantismo questo apprezzamento della sapienza umana, ma la realtà è proprio quella che ci viene esposta nel Sacro Testo, specialmente quando la si consideri nel termine di una vita spesa senza conoscere Dio, senza curare la propria anima. Quale scienziato, inaridito nella Fede, nella Speranza e nella Carità, può dire di trovare la felicità nei suoi studi? A che cosa gli giovano, se basta un malanno a fargli dimenticare tutto? Egli esperimenta la perversità degli uomini che per invidia gli fanno la lotta, combatte invano contro gli stolti che non lo intendono, raccoglie amarezze nei suoi stessi trionfi, e si trova, quando meno se lo aspetta, innanzi al sepolcro dov'è vana ogni scienza. Senza dire che quanto più conosce tanto più si accorge di non conoscere, e rimane sempre più insoddisfatto nei suoi sforzi.
Questa è la verità: l'uomo potrà illudersi, potrà turlupinare se stesso, ma non potrà negare che senza Dio, la conoscenza delle cose umane si riduce ad un affanno e ad un' afflizione di spirito. Perciò è necessario nella vita applicarsi prima di tutto e soprattutto alla conoscenza di Dio, delle cose celesti e dei propri doveri.
    Deve finire questo spettacolo d'insipienza che danno le anime, sanzionato nelle scuole, ed applaudito dal mondo, di consumare la vita in vane cognizioni ed in vani lavori. Si deve studiare si, ma per compire il proprio dovere e per glorificare Dio, e si deve porre come materia principalissima del proprio studio la meditazione delle verità divine. Si deve studiare, sì, ma eliminando dai propri studi ciò che può avvelenare o disturbare l'anima, perché la nostra suprema aspirazione è Dio. La vera civiltà non può ammettere che la mente si consumi in tante fiabe senza vita, come sono gli studi pagani e quelli che s'ispirano al paganesimo, non può tollerare, per la stessa dignità umana, che s' inoculi un solo errore nelle menti giovanili.
    Perciò la suprema moderatrice dell'educazione delle anime è la Chiesa, perchè essa sola per diritto divino custodisce la verità.
    Non è a caso che Salomone, istruendo le anime sulla verità fondamentale della vita, si chiami l' Ecclesiaste; egli figura in questo nome proprio la Chiesa che insegna la verità, e la insegna di pieno diritto, da regina. In Ebraico, infatti, Ecclesiaste, Coelet, è un nome femminile, che letteralmente significa colei che convoca, che raduna, che istruisce, che parla. I dotti hanno discusso a lungo su questa forma femminile del nome di Salomone, ed hanno detto che è un nome maschile con la forma femminile, senza saperne spiegare la ragione; ma la ragione mistica sta in questo, che Gesù Cristo è l'unico maestro dell' umanità, e lo è attraverso la Chiesa; l'Uomo-Dio insegna per la sua Sposa e prende quasi la forma femminile, se può dirsi così. Egli è figurato in questo Re sapiente, nel cui nome si riflette anche la figura della Chiesa, maestra dell'umanità.
    Gli Stati hanno i ministri di educazione e d' istruzione, ma se vogliono avere una vera educazione dei popoli, debbono sottometterli alla Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana, con pienissimo ossequio. Il Ministero dell'educazione e dell'istruzione sta
a Roma, nella Cattedra di Pietro; solo da quel faro luminoso può partire la luce che non rende la scienza una vanità ed un'afflizione di spirito, una sorgente di aberrazioni e d' infelicità per i popoli. Può sembrare duro a questa generazione apostata, ma è imprescindibile per il bene ed il decoro della stessa scienza, che la Chiesa rivegga ed approvi i testi per le scuole di tutto il mondo, eliminando inesorabilmente quello che può avvelenare i giovani.
    In questo ufficio ch' è suo diritto divino, la Chiesa non può avere restrizioni di pastoie di classici e di culture che sono vanità delle vanità ed afflizioni di spirito; deve agire liberamente nella sua santità, senza subire influenze laiche, perché solo così Essa può dire tutta la verità del suo pensiero sapiente, e imporla maternamente alle nazioni che non vogliono la rovina ed il fallimento.
(Don Dolindo Ruotolo, Commento alla Sacra Scrittura, vol. 12, Apostolato Stampa, Napoli 1996, pp. 314-319)




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